IL VALORE DEGLI OLI ESSENZIALI: INTERVISTIAMO MARCO VALUSSI – PARTE 2

Avete già guardato la prima parte dell’intervista a Marco Valussi? Eccoci di nuovo qui per continuare la chiacchierata insieme. Laureato in Fitoterapia ed esperto di distillazione di oli essenziali, il Dottor Valussi ci ha parlato del valore degli oli essenziali, della sostenibilità dei processi produttivi e di qualità degli oli essenziali. Scopriamo insieme l’intervista!

Il Dottor Marco Valussi è laureato in Fitoterapia, specializzato nella distillazione di oli essenziali e da anni si occupa di progetti di sviluppo in numerose zone del mondo. È comunicatore, autore di numerose pubblicazioni scientifiche ed esperto di piante officinali. Inoltre, è referente italiano per la EHPA (European Herbal Practitioners Association) e membro del comitato scientifico del SISTE (Società Italiana Scienze e Tecniche Erboristiche). 

Nella prima parte dell’intervista a Marco Valussi, abbiamo parlato della produzione di oli essenziali e dell’importanza che questo settore di mercato riveste per alcune popolazioni del mondo. Il valore degli oli essenziali non riguarda soltanto le proprietà fisico-chimiche dei prodotti ma è determinato da tutta una serie di fattori, tra cui l’immensa conoscenza etnobotanica da parte dei produttori locali. In questa seconda parte dell’intervista, abbiamo chiesto a Marco Valussi quale sarà l’impatto dei cambiamenti climatici sulla produzione di oli essenziali e come fare per acquistare prodotti sicuri e di qualità. Buona lettura!

Stiamo assistendo a cambiamenti ambientali molto ingenti e ad uno sfruttamento delle risorse naturali poco sostenibile.
Quali sono i rischi maggiori per la flora e per la qualità degli oli essenziali?

Sappiamo bene che le modifiche del clima portano a problematiche agronomiche (piovosità, cambio fioriture e piantagioni) e cambiano il contenuto di metaboliti secondari o oli essenziali. Quanto questo sia negativo in sé è difficile da dire. Il mio concetto di qualità è pragmatico è corrisponde a ciò che piace al committente finale. Potrebbe anche darsi che queste modifiche portino ad un prodotto che per il committente finale è migliore rispetto a quello ottenuto in precedenza. Per un produttore come me, queste variazioni climatiche comportano dei rischi: le modifiche annuali nella composizione chimica degli oli essenziali, per esempio, rappresentano un problema dato che, spesso, il committente finale necessita di un prodotto dalla composizione omogenea nel tempo. A questo punto del discorso mi piacerebbe anche dire che uno dei nostri grandi problemi, nel campo della distillazione, è legato all’inquinamento. C’è da essere sinceri: il nostro è un settore in cui viene impiegato materiale vegetale da cui si estrae dall’1% al 4% del contenuto. Questo vuol dire che il 96% del materiale utilizzato viene spesso buttato. Tutto ciò, secondo me, è inaccettabile perché vuol dire sprecare tanta biomassa vegetale e perché vuol dire impiegare tanta energia per la produzione di una piccola porzione di metaboliti e poco altro. Credo ci serva un momento di ragionamento e riflessione seria rispetto al miglioramento della filiera produttiva. Tra le soluzioni, i processi di distillazione si potrebbero agganciare ad altre filiere, oppure si potrebbe introdurre le altre filiere all’interno della nostra, per sfruttare il più possibile il materiale che utilizziamo. 

Parlando di scelte di acquisto in termini di qualità: esistono in etichetta diciture o bollini che il consumatore può cercare, per compiere un acquisto più consapevole?

Difficile dire “questo è un olio di qualità” o meno, perché sono diversi gli utilizzi che si fanno degli oli essenziali e quindi il concetto di qualità per un medico, per esempio, sarà certamente diverso dal concetto di qualità per un profumiere, oppure per un biotecnologo. 
Certo, ci sono le certificazioni biologiche, che più che parlare del concetto di qualità dell’olio essenziale parlano di qualità dei processi produttivi e poi ci sono le rispondenze o meno di un olio a determinate norme internazionali.
L’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO), ad esempio, produce standard chimico -fisici per gli oli essenziali e descrive quali sono i ventagli chimici a cui un olio dovrebbe aderire per essere considerato di qualità ISO. Anche in questo caso, si tratta di standard di tipo industriale e servono a determinare i parametri ragionevoli per dire che un olio e stato distillato più o meno bene oppure che un olio è vero, e non adulterato, ma non dice se sia “un olio di qualità”. Accade spesso che oli di elevatissima qualità non corrispondano a questi standard, perché alcune caratteristiche chimiche non corrispondano alle norme ma questo non vuol dire che non siano di qualità.

Ultima domanda: quali sono i suoi oli preferiti?

Difficile. Ce ne sono tanti. Se fosse una scelta dal punto di vista olfattivo le direi che sono particolarmente vicino agli oli mediterranei. Mi piacciono gli oli con un odore forte, come il timo, l’origano, la santoreggia: mi piacciono molto di più degli oli con odori lievi. 
Poi ho un attaccamento, che potremmo definire sentimentale, agli oli di conifera perché sono un produttore di oli da conifere e il primo olio che ho distillato era olio di pino mugo. Perciò, ho un attaccamento forte a questi oli. Infine, mi piacciono alcuni oli essenziali molto particolari come quello dell’assenzio o di achillea, che hanno odori forti che apprezzo molto. 

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